la rosa

I cinque
1
Li conducono fuori il mattino
nel cortile lastricato
e li mettono contro il muro
cinque uomini
due molto giovani
gli altri adulti
2
quando il plotone
punta i fucili
tutto d’improvviso appare
nella luce abbagliante
dell’evidenza
il muro giallo
il freddo azzurro
il nero filo spinato sul muro
al posto dell’orizzonte
questo è il momento
in cui i cinque sensi si ribellano
fuggirebbero volentieri
come topi da una nave che affonda
prima che la palla giunga a destinazione
l’occhio percepirà il proiettile in volo
l’udito registrerà il fruscio dell’acciaio
le narici si empiranno di fumo acre
un petalo di sangue sfiorerà il palato
e il tatto si contrarrà e rilasserà
ora giacciono a terra
coperti fino agli occhi dall’ombra
il plotone se ne va
i loro bottoni cinghie
e gli elmi d’acciaio
sono più vivi
di quelli che giacciono ai piedi del muro
3
non l’ho appreso oggi
lo so non da ieri
perché dunque ho scritto
futili poesie sui fiori
di cosa parlarono i cinque
la notte prima dell’esecuzione
di sogni profetici
di una scappata al bordello
di pezzi d’automobile
di un viaggio in mare
del fatto che quando aveva picche
non avrebbe dovuto aprire
del fatto che la vodka è migliore
che il vino fa venire il mal di testa
di ragazze
di frutta
della vita
e allora è lecito
usare in poesia nomi di pastori greci
tentare di fissare i colori d’un cielo mattutino
scrivere d’amore
e anche
una volta ancora
con serietà mortale
offrire al mondo tradito
una rosa
Zbigniew Herbert
da “Rapporto dalla città assediata”